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Riforma catasto 2022: la nuova classificazione aumenterà le tasse?

Nel 2022 l’annunciata riforma del catasto è uno degli argomenti più dibattuti tra i proprietari di case per il timore di pagare più tasse. Questo rischio dovrebbe essere stato scongiurato grazie a un’intesa nella maggioranza di Governo che ha sbloccato l’impasse che durava da mesi.

SOLLECITAZIONI DALLA UE

In questi giorni intanto arriva l’ennesima raccomandazione da parte di Bruxelles circa la necessità di procedere con la riforma del catasto. Insomma non sono tollerati ulteriori tentennamenti, ma bisogna raggiungere il prima possibile un punto d’incontro tra le varie forze politiche che sostengono la maggioranza 

SISTEMA DEL CATASTO ITALIANO: COME FUNZIONA

Il catasto italiano meritava comunque una bella rinfrescata visto che il sistema di valutazione catastale risale addirittura al 1939, quando la legge n. 652 istituì il catasto dei fabbricati dividendolo da quello dei terreni.

Successivamente ci sono state diverse modifiche fino ad arrivare alla classificazione attuale dei fabbricati in base a un decreto del ‘93.

In breve: le unità immobiliari censite nel catasto fabbricati italiano sono assegnate a una determinata categoria fra quelle rese disponibili dalla legge (signorile, civile, popolare, commerciale, di pregio, ecc.), che ne influenza la rendita. Ogni fabbricato possiede una consistenza, ossia una superficie utile che a seconda dei casi può essere esposta in vani oppure in metri quadri. La consistenza, moltiplicata per un apposito quadro tariffario, genera un valore detto rendita catastale, espressa in euro, che rappresenta, appunto, il reddito medio derivante dall'immobile.

COSA PREVEDE LA RIFORMA DEL CATASTO

Nei mesi scorsi il Governo presieduto da Mario Draghi ha deciso di rivedere il sistema di rilevazione catastale degli immobili allo scopo di sanare diverse storture emerse nel corso degli anni, specie sulla corretta classificazione degli immobili stessi.

In pratica l’accordo raggiunto tra le forze di maggioranza prevede che a partire dal 2026, quando la riforma diventerà effettiva (mentre il 2023 è il termine limite per emanare il decreto con le nuove regole), il valore degli immobili dovrà basarsi sulle informazioni attualmente presenti in catasto ma che, fin da subito, verranno periodicamente aggiornate e integrate attribuendo all’unità immobiliare una rendita attualizzata.

Tuttavia, ed è ciò che volevano sentire i proprietari di case, le nuove informazioni non saranno usate per determinare la base imponibile dei tributi né per finalità fiscali. Quindi, salvo sorprese, non andranno a incidere sulle tasse da pagare.

RIFORMA DEL CATASTO: LA QUESTIONE DEGLI IMOBILI INVISIBILI

Una riforma del catasto si è resa necessaria anche perché il rapporto delle statistiche catastali del 2020 realizzato dall’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che più di un milione di immobili non risultano censiti. E un sistema che 'perde per strada' un milione di pezzi evidentemente non funziona e va riformato.

Nella nuova legge sul catasto sono stabiliti i criteri e le direttive da utilizzare affinché Comuni e Agenzia delle Entrate abbiano gli strumenti necessari per individuare e classificare gli immobili attualmente non censiti, ma anche quelli che hanno una dimensione differente da quella dichiarata o una diversa destinazione d’uso.

LE TASSE ATTUALI SUGLI IMMOBILI

I dati elaborati dall’Agenzia delle Entrate indicano che ad oggi in Italia lo Stato incassa in tutto circa 41 miliardi di euro di tasse sugli immobili. Questi importi derivano in particolare da quattro voci differenti che elenchiamo brevemente di seguito:

Imu: l’Imposta Municipale Unica garantisce da sola circa 21 miliardi di euro di entrate nelle casse dello Stato

Atto di successione e imposte all’atto dell’acquisto: tra le imposte che si versano in caso di compravendita di un immobile, e quando si redige un atto di successione l’erario incassa circa 11 miliardi di euro

Tasse aggiuntive quali Irpef e bollo sull’abitazione: da queste due ulteriori tipologie di tasse lo Stato attinge per circa 6 miliardi di euro

Cedolare secca: altri 3 miliardi di euro arrivano dal mercato degli affitti, grazie al pagamento della cedolare secca.


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