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Censis: sanità negata per 9 milioni di cittadini

Sanità negata per 9 milioni di italiani, che rinunciano alle prestazioni sanitarie di cui hanno bisogno per ragioni economiche. Sono cittadini che fuoriescono dal sistema sanitario: chi non riesce a pagarsi la spesa per la sanità privata finisce per rinunciarci. Oppure va a caccia di offerte low cost sul web. Lo evidenzia una ricerca Rbm Salute-Censis sul ruolo della sanità integrativa.

Tutto questo, in un contesto in cui frena la spesa pubblica, esplode quella privata – che segnala un aumento del 25,5% in dieci anni – e un terzo dei cittadini parla di una sanità in peggioramento nella propria regione.

Più di 9 milioni di italiani dichiarano di non aver potuto accedere ad alcune prestazioni sanitarie di cui avevano bisogno per ragioni economiche. Come si legge nella ricerca, “mentre la spesa pubblica rallenta e quella privata continua il suo ritmo di crescita, si registra una sorta di fuoriuscita di cittadini dal sistema sanitario, con oltre 9 milioni di persone che dichiarano di non avere avuto potuto accedere a prestazioni sanitarie per “ragioni economiche”. Si tratta di 2,4 milioni di anziani, 5 milioni di persone che vivono in coppia con figli, 350 mila in famiglie monogenitoriali e 4 milioni di residenti al Sud e Isole”.

Il 77% di coloro che ricorrono al privato lo fa a causa della lunghezza delle liste d’attesa, ma chi non riesce a pagare la spesa per prestazioni private ci rinuncia. “Il massiccio razionamento nel pubblico sposta il costo delle prestazioni sanitarie per intero sui cittadini che si rivolgono alle strutture private, mentre coloro che non hanno redditi adeguati rinunciano – spiega il Censis –  In tale contesto, prendono quota fenomeni nuovi, diversi, come ad esempio la tendenza ad andare a caccia delle offerte sanitarie meno costose, magari direttamente sul web (il low cost sanitario)”.

Piani di rientro e spending review hanno determinato un crollo verticale del ritmo di crescita della spesa pubblica per la sanità. Si è passati da un tasso di incremento medio annuo del 6% nel periodo 2000-2007 al +2,3% del periodo 2008-2010. La flessione si registra soprattutto nelle regioni con piano di rientro, dove si è passati dal +6,2% all’anno nel periodo 2000-2007 a meno dell’1% di crescita media annua nel periodo 2008-2010. La spesa sanitaria privata è invece aumentata del 2,2% nel periodo compreso fra il 2000 e il 2007 e del 2,3% negli anni 2008-2010, portando l’aumento complessivo nel periodo 2000-2010 al 25,5%.

I cittadini percepiscono una sanità che peggiora. Parla di una sanità in peggioramento nella propria regione il 31,7% degli italiani, con un balzo di 10 punti percentuali in più nel 2012 rispetto al 2009, quando erano il 21,7%. Le persone che avvertono invece un miglioramento sono diminuite di oltre 7 punti percentuali.

La convinzione che il servizio sanitario stia peggiorando è sempre più diffusa. Spiega il Censis: “In sostanza, stanno crescendo la percezione di un lento scivolamento verso il basso della sanità esistente e l’idea che la qualità media dei servizi sanitari stia scadendo, e nella percezione collettiva la minore qualità è legata in maniera diretta al contenimento della spesa sanitaria pubblica”. Quello che bisogna evitare è dunque che, a fronte di un gap previsto di circa 17 miliardi di euro nel 2015, la minore spesa pubblica diventi più spesa privata e soprattutto meno sanità per chi non ha i soldi per pagarla.

Per questo la ricerca, focalizzata sul ruolo della sanità integrativa nel Servizio sanitario nazionale, considera la sanità integrativa “una opportunità per una sanità equa e sostenibile”. Spiega il Censis: “La sanità complementare in Italia è un universo composto da centinaia di Fondi integrativi, a beneficio di oltre 11 milioni di assistiti, che svolgono un ruolo ampiamente sostitutivo e colmano i vuoti dell’offerta pubblica. La ricerca di Rbm Salute-Censis ha riguardato 14 Fondi sanitari per oltre 2 milioni di assistiti e importi richiesti per prestazioni pari a oltre 1,5 miliardi di euro nel triennio 2008-2010. Il 55% degli importi dei Fondi integrativi ha riguardato prestazioni sostitutive (ricovero ospedaliero, day hospital, ecc.) fornite in alternativa a quelle dei Livelli essenziali di assistenza del Servizio sanitario. Il restante 45% degli importi ha riguardato prestazioni integrative (cure dentarie, fisioterapia, ecc.). Tra le varie tipologie di Fondi integrativi esistenti, sono i Fondi aziendali, rispetto a quelli istituiti dalla contrattazione collettiva nazionale, a garantire in misura maggiore la copertura anche alle famiglie degli iscritti”.