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Gioco, Consumatori contro sentenza del Tar di Torino che multa Comune di Verbania

Le Associazioni dei consumatori non sono d’accordo con la sentenza del Tar di Torino che, applicando una norma del Codice Rocco del 1931, ha sanzionato il Comune di Verbania per 1,3 milioni di euro, per aver vietato l’uso delle slot-machine di mattina, per porre un freno al diffondersi del gioco d’azzardo tra i più giovani. il decreto regio cui fa riferimento il Tar afferma che la materia è di competenza esclusiva dello Stato, essendo una questione di ordine pubblico e sicurezza. Secondo l’Adoc si tratta di una sentenza ingiusta.

“Abbiamo inviato una lettera di sostegno al Sindaco e al Comune di Verbania, che si era attivato in prima linea per combattere il grave fenomeno del gioco d’azzardo – dichiara Carlo Pileri, Presidente dell’Adoc – Solo quest’anno il 10% del reddito annuo degli italiani sarà destinato ai giochi pubblici, tra cui le slot-machine, senza contare la spesa per i giochi clandestini e non regolari, un fenomeno in crescita purtroppo anche tra i più giovani. Il debito medio contratto dai giocatori patologici, oltre un milione in Italia, si attesta sui 10-12 mila euro, ma si toccano punte anche di 30-40 mila euro. Oltre a provocare seri disagi familiari, sociali e psicologici – aggiunge Pileri, secondo cui la presa di posizione del Sindaco di Verbania era corretta e sostenibile, mentre la sentenza del Tar di Torino è stata ingiusta.

“Crediamo che le leggi possano anche essere interpretate, non ci si può attenere ad una norma di 80 anni fa, concepita in un contesto storico completamente differente e inimmaginabile – conclude Carlo Pileri – Alla luce di quanto accaduto crediamo che il Ministro degli Interni debba prendere posizione sull’argomento, magari delegando la materia ai sindaci ed enti locali”.

E Massimiliano Dona, Segretario Generale dell’Unione Nazionale Consumatori commenta: “Cosa succederebbe se il legislatore dovesse applicare anche in altri casi una normativa di più di ottanta anni fa? Non si potrebbe più divorziare, la privacy non sarebbe garantita e il delitto d’onore sarebbe ancora tollerato! Il divieto del sindaco mirava a scoraggiare il diffondersi del gioco d’azzardo tra i più piccoli – spiega  Dona – in quanto è usanza, per alcuni, marinare la scuola per andare in sala giochi.

“Se non è colpa del Giudice amministrativo che, in fondo, è chiamato ad applicare la legge, questa storia dimostra una volta di più l’urgenza di cambiare le regole del gioco considerando la crescita esponenziale che il fenomeno ha avuto negli ultimi anni con l’aumento del rischio ludopatie anche tra i giovanissimi. Speriamo dunque – conclude il Segretario generale dell’UNC – che il Consiglio di Stato si esprima in maniera diversa  e soprattutto si intervenga per dare più poteri alle Regioni su questioni che prima ancora dell’ordine pubblico riguardano la salute dei cittadini”.