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COGNOME dell'ex marito: quando è possibile mantenerlo

L’ex moglie che mantiene il cognome dell’ex marito: quando è possibile e a quali condizioni?  Corte di Cassazione – VI sez. civ. - sentenza n. 654 del 11-01-2022. Il cognome non rappresenta esclusivamente un identificativo anagrafico, può essere anche un’etichetta di carattere sociale, un appellativo con il quale le persone vengono riconosciute.

Come prevede la legge, quando ci si sposa, la moglie aggiunge al suo cognome quello del marito. Per questo motivo, molte donne utilizzano comunemente il secondo cognome, facendolo diventare una sorta di elemento distintivo, in special modo quando il loro marito è un personaggio famoso, oppure è noto in un determinato ambiente sociale.

Quando il matrimonio finisce non è più lo stesso.

Le vedove, se non si risposano, hanno il diritto di mantenere il cognome del marito accanto al loro, mentre ci si chiede che cosa succeda in caso di divorzio, se in simili casi la moglie conservi il cognome del marito o lo perda in modo definitivo. La legge, da parte sua, fornisce una disposizione abbastanza elastica, lasciando spazio ai provvedimenti del giudice, che vengono adottati caso per caso in modo discrezionale.

Esiste una regola base e un’importante eccezione.

Il principio fondamentale è che se la moglie mantiene il cognome dell’ex marito dopo il divorzio, deve esistere un interesse meritevole di tutela. L’elemento in questione può dipendere da diversi fattori, relativi sia alla sfera familiare, sia a quella professionale e sociale, perché il cognome è un appellativo di notevole rilevanza esterna.

Qui si manifestano gli interessi contrapposti dei due ex coniugi.

Il marito, che si vuole liberare del perdurare del mantenimento del proprio cognome accanto a quello dell’ex consorte, mentre la moglie, in molti casi lo vorrebbe conservare anche dopo lo scioglimento del vincolo matrimoniale, perché con lo stesso viene identificata.

1. Cognome del marito e codice civile

L’articolo 143 bis del codice civile dispone che: Con il matrimonio la moglie aggiunge al proprio cognome quello del marito e lo conserva durante lo stato vedovile, fino a che passi a nuove nozze.

La donna a differenza di quello che alcuni pensano, in base alla vecchia legge vigente prima della riforma del diritto di famiglia, quando si sposa non perde il proprio cognome, ma ne acquista un secondo, che dal momento del matrimonio potrà essere utilizzato nei rapporti anagrafici e sociali.

La stessa, in applicazione del principio della parità tra i sessi, può anche non utilizzare il secondo cognome nei propri rapporti professionali, mantenendo esclusivamente il suo cognome da nubile.

Sono principalmente i casi nei quali la moglie prima di sposarsi svolgeva una sua attività imprenditoriale o di lavoro autonomo, nella quale veniva identificata con il suo unico cognome che, insieme al nome di battesimo, rappresenta una specie di avviamento professionale.

Questo principio viene applicato anche per i nomi d’arte di donne che prima delle nozze erano diventate personaggi noti nel mondo dello spettacolo, come ad esempio, attori del cinema, conduttrici televisive, cantanti.

2. Divorzio e cognome dell’ex marito

La legge sul divorzio (art. 5, co. 3, L. n. 898/1970) stabilisce che:
Il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito aggiunto al proprio quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela.

Di solito, dopo la pronuncia di divorzio la moglie perde il cognome del marito, a meno che non ne richieda la perdurante attribuzione e il giudice, con provvedimento motivato, disponga la sua conservazione anche dopo la fine del vincolo matrimoniale.

La valutazione dell’interesse meritevole di tutela al fine del mantenimento del cognome del marito dopo il divorzio è su base discrezionale e viene compiuta dal giudice in relazione agli elementi che portano le parti.

Ad esempio, la moglie potrà fare leva sul fatto che il cognome del marito è diventato una componente della propria identità personale e non può più essere eliminato.

Nella prassi dei Tribunali Italiani, esclusivamente le “circostanze eccezionali” permettono la conservazione del cognome dell’ex marito.

3. Quando dopo il divorzio la moglie mantiene il cognome del marito?

La donna che vuole mantenere il cognome del marito dovrà formulare un’apposita istanza al Tribunale Civile competente a pronunciare il divorzio, mettendo in evidenza quali sono gli interessi, personali o dei figli, al fine della conservazione del cognome dell’ex marito.

Come scritto in precedenza, dovranno essere interessi meritevoli di tutela giuridica, di conseguenza,  non rileva un semplice desiderio, e neanche la volontà di sfruttare, a fini economici e sociali, il cognome dell’ex marito.

Nel procedimento giudiziario anche il marito può interloquire sulla richiesta della moglie per rappresentare i pregiudizi che gli potrebbero derivare dal mantenimento del cognome da parte dell’ex moglie.

A questo proposito la valutazione giudiziaria è restrittiva, limitando i casi di mantenimento del cognome dopo il divorzio, come evidenzia una recente pronuncia della Suprema  Corte di Cassazione sull’argomento (Cass. ord. n. 654 del 11/01/2022).

Una donna aveva agito in giudizio per conservare il cognome dell’ex marito, un noto chirurgo. Lei era conosciuta nella città dove viveva con il cognome di lui. Il suo ricorso è stato respinto e la chiara fama clinica del coniuge non è stata ritenuta un motivo sufficiente.

La Suprema Corte ha sottolineato che la conservazione del cognome dell’ex coniuge costituisce un’ipotesi straordinaria: l’aggiunta del cognome maritale è un effetto del matrimonio circoscritto temporalmente alla perduranza del rapporto di coniugio.

Una “eccezionale deroga” alla perdita del cognome dopo il divorzio è consentita quando ricorre un “interesse meritevole di tutela dell’ex coniuge”, non essendo sufficiente il semplice desiderio di conservare come tratto di identità di una relazione familiare chiusa.

La conseguenza di questa impostazione è che il provvedimento del giudice del merito che, nel sancire il divorzio dei due coniugi, respinge l’istanza della moglie rivolta al mantenimento del cognome del marito, non è ricorribile in Cassazione quando è debitamente motivato, essendo la valutazione della ricorrenza delle circostanze eccezionali  rimessa al suo “esercizio di poteri discrezionali”.

Sulla questione la Suprema Corte di Cassazione ha un orientamento costante. (diritto.it)

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